Un anno vissuto pericolosamente
Il fenomeno Greta Thunberg è nato l'anno scorso, nel Settembre 2018, dopo che in Scandinavia si erano raggiunte per la prima volta temperature di 30 gradi. Un anno dopo, in questa estate 2019 appena trascorsa, quella non era più una notizia, dato che i 30 gradi sono stati registrati ancora più a nord, oltre il Circolo Polare Artico, in Siberia Settentrionale, sulla costa affacciata alla banchisa polare. Per non parlare dei 40 gradi ad Amburgo o in Belgio e i 46 gradi a Parigi.
Ma c'erano avvisaglie già a Marzo, quando in Alaska si registravano temperature di 20 gradi superiori alla norma [fonte]. Anche in Nord Italia la situazione era anomala. L'Autunno-Inverno è stato contrassegnato da una lunga siccità, durata quasi sei mesi, e da temperature molto miti. L'anomalia è risultata ancora più evidente poi con la sequenza Maggio-più-freddo-e-piovoso (con pesanti nevicate all'inizio del mese) e Giugno-più-caldo-e-secco (con l'inedita ondata di calore africano di fine mese). Ecco la sequenza dei picchi mese per mese all'aeroporto di Villafranca di Verona: 24° l'8 Ottobre, 21° il 4 Novembre, 15° il 10 Dicembre, 13° il 15 Gennaio, 21° il 27 Febbraio, 23° il 24 Marzo, 23° il 20 Aprile, 25° il 24 Maggio, 36° il 26 Giugno [fonte].
Ed è bene ricordare che la stagione fredda era cominciato con la tempesta Vaia, il 29 Ottobre 2018, che aveva devastato le Alpi con venti fino a 200 Km orari.
Ma purtroppo è ancora nell'Artico che si registrano le anomalie maggiori, fino a 20 gradi oltre le medie note. E si dice purtroppo, perché l'Artico ha un ruolo chiave nella circolazione atmosferica globale e quindi anche alle nostre latitudini, quelle della fascia temperata. Ha fatto impressione l'immagine presa da un ricercatore danese in Groenlandia il 13 Giugno in cui è evidente il rapissimo scioglimento della banchisa dovuto a temperature eccezionalmente alte.
Lo straordinario aumento della temperatura nella regione artica provoca diversi effetti, tra loro collegati:
1 - scioglimento di neve e ghiaccio: diminuisce la superficie bianca riflettente per i raggi solari i quali, quindi, in misura maggiore vengono assorbiti da terra e oceano causando, in un circolo vizioso, un ulteriore aumento della temperatura superficiale;
2 - scioglimento del "permafrost", la parte superficiale del terreno della tundra che è costantemente congelato da millenni: questo strato di terreno è ricco di metano (gas-serra molto più potente della CO2, anidride carbonica) che viene quindi liberato nell'aria aumentando l'effetto serra, dando ulteriore contributo all'aumento della temperatura dell'aria;
3 - scioglimento del ghiaccio della Groenlandia: porta all'aumento del livello marino (il ghiaccio della banchisa, invece, non contribuisce a questo aumento dato che, galleggiando, si trova già in mare);
4 - sconvolgimento della vita animale e vegetale e delle reti ecologiche in generale;
5 - apertura di rotte commerciali prima impraticabili con conseguente inquinamento dell'ambiente dato dalle emissioni da trasporti e da attività turistiche e industriali;
6 - conflitti tra le nazioni che si affacciano sull'artico per lo sfruttamento minerario e commerciale dell'area.
7 - inaridimento delle foreste nordiche e facile propagazione di incendi su vasta scala.
Proprio riguardo l'ultimo punto, in Siberia durante l'estate si sono diffusi incendi senza precedenti: l'area interessata è comparabile con l'estensione dell'Europa Occidentale (anche se non bisogna immaginarsela come completamente bruciata, ma costellata da un insieme di aree colpite più piccole pur se di vasta estensione). Un grave danno ambientale oltre alla liberazione di CO2 che, ancora una volta in un circolo vizioso, porta all'aumento di effetto serra e temperatura.
Ulteriore contributo al danno ambientale è dato dai ricorrenti incendi dolosi nelle foreste tropicali, in particolare in Brasile e Bolivia, oltre che in Congo e Indonesia. Qui sotto la situazione il giorno 20 Agosto scorso. In questo caso gli incendi non sono conseguenza del cambiamento climatico, ma sicuramente lo favoriscono. Sono volutamente appiccati e sostenuti, dato che la foresta tropicale è umida e quindi le fiamme non si propagherebbero spontaneamente. Da notare che le emissioni in India settentrionale e Cina orientale sono presumibilmente permanenti e dovute alle attività industriali e ai trasporti locali.
Da registrare anche i violenti temporali che si sono verificati tra Luglio e Agosto in Nord Italia. Il 10 Luglio una perturbazione porta grandine e venti violentissimi dalla Romagna al Salento. Solo nel Ravennate, tra Cervia a Milano Marittima, vengono abbattuti centinaia di alberi. II 2 Agosto un'altra violenta perturbazione causa 400.000 euro di danni nella sola provincia di Mantova, abbattendo alberi e colpendo duramente dalla Lombardia fino alla Romagna.
Sempre più spesso i fronti temporaleschi si presentano nella forma delle cosiddette nubi a mensola, "shelf-cloud" in Inglese, o "derecho" in Spagnolo, estese anche per decine di chilometri, che dalle nostre parti, fino a qualche anno fa, non si erano mai viste. Così come non si ricordavano venti di 100 e più Km/h. Venti che vengono chiamati "downburst", un termine tecnico cui purtroppo dovremo fare l'abitudine. Sono fenomeni che erano tipici delle grandi pianure americane che da noi erano visti con meraviglia di quando in quando nelle foto di qualche reportage giornalistico. In Italiano è comune in questi casi, anche sui media, l'uso del termine "tromba d'aria" per noi più consueto, ma in realtà quest'ultima è un fenomeno ben diverso, molto più localizzato e con una struttura a vortice. E' un segno che si tratta di fenomeni per noi nuovi per i quali mancano ancora termini opportuni nella nostra lingua. Piano piano si fanno così strada nuove espressioni come "supercella" o "bomba d'acqua", di origine specialistica o di conio comunque piuttosto recente.
Il cambiamento climatico consiste purtroppo in una vera e propria crisi climatica caratterizzata non solo dal riscaldamento globale di atmosfera e oceani, ma anche dall'accentuarsi degli eventi meteorologici estremi, in intensità e frequenza. La tendenza all'aumento dei disastri naturali è purtroppo molto chiara.
Quest'anno spiccano il ciclone Idai che colpisce il Mozambico, in Marzo, causando immense alluvioni, la morte di 1300 persone e danni per almeno 2 miliardi di euro [fonte]; gli uragani, entrambi di forza 5, la massima, Dorian sulle Antille a fine Agosto (70 morti ca. e almeno 8 miliardi di danni) e Lorenzo sulle Azzorre a inizio Ottobre (10 morti e 300 milioni di danni). Quest'ultimo si è esaurito fortunatamente nell'oceano Atlantico facendo pochi danni ma è stato il primo uragano di forza 5 a spingersi alle latitudini europee da quando vi sono osservazioni [fonte].
In Asia il Giappone è stato colpito dal tifone Faxai di forza 4 a inizio Settembre (3 morti e 7 miliardi di danni) e pochi giorni fa dal tifone Hagibis di forza 5 (80 morti ca e danni ancora da definire) [fonte].
L'aumento degli eventi estremi può essere facilmente interpretato, in generale, come conseguenza del riscaldamento atmosferico, dato che esso consiste nell'aumento dell'energia immagazzinata nell'aria, cioè della forza con cui avvengono gli scambi termici. Da qui l'aumento dell'intensità dei venti temporaleschi. La maggior parte del calore in eccesso, però, viene immagazzinata dagli oceani, dato che l'acqua ha una maggior capacità termica rispetto all'aria. La conseguenza è che vi è un aumento della temperatura superficiale e quindi dell'evaporazione che porta a precipitazioni molto più intense che in passato. Temporali e uragani ci sono sempre stati, ovviamente, ma ora sono molto più carichi di acqua e con venti più forti.
Oltre a questi elementi generali, gli studiosi da qualche anno hanno individuato anche alcuni meccanismi più specifici, in particolare quello che va sotto il nome di "Quasi-Resonant Amplification" che consiste in un rallentamento della circolazione atmosferica nell'emisfero boreale e in un accentuarsi in ampiezza del suo andamento sinusoidale: di conseguenza masse di aria polare scendono a latitudini molto basse e, all'opposto, masse di aria calda arrivano a latitudini molto alte, in entrambi i casi permanendovi stabilmente anche una settimana o più, circostanza che aggrava ulteriormente le conseguenze. Questa dinamica sembra dovuta al surriscaldamento dell'Artico e alla conseguente riduzione del differenziale di temperatura tra Equatore e Polo Nord che agisce come forzante della circolazione atmosferica.
Quindi si può dire che siamo ormai in una fase in cui si sono instaurati dei nuovi processi climatici che prima non si verificavano. Tra l'altro l'ultimo quinquennio risulta essere il più caldo da quando esistono le rilevazioni, cioè da circa 150 anni. E pare che sia in atto una preoccupante accelerazione di questo cambiamento.
L'allarme è pienamente giustificato.
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